L’imbarazzante verità sui font degli orologi

I nomi dei marchi, le scritte e i numeri sono una delle cose più importanti dell’estetica di un orologio perché rispecchiano sia le caratteristiche della maison che le specifiche di un modello e, come tutto quello che è su un quadrante, sono sempre lì in piena vista.
Siamo abituati sui nostri computer a scegliere tra una moltitudine di font, ognuno con una personalità specifica, perfetta per veicolare al meglio ogni tipo di messaggio.
Facciamo un esempio, per l’invito a una festa di compleanno il font Comics è perfetto; divertente, dinamico e decisamente poco istituzionale, espressione di una giocosità che ben si addice ad un party.
Se invece bisogna scrivere un curriculum vitae o una lettera lavorativa importante, utilizzare il Times New Roman risulta decisamente più adatto.

Come detto dipende da che messaggio bisogna veicolare. Perché la forma è altrettanto importante quanto il contenuto e il nostro cervello, anche se inconsapevolmente, lo recepisce.
E per quanto riguarda gli orologi?
In orologeria sono pochi i marchi che trattano la loro tipografia con la stessa attenzione che destinano al resto dell’orologio.
Quando si parla di marchi di lusso poi, la situazione peggiora ancora di più. Molti modelli esclusivi da migliaia di euro, con incredibili dettagli tecnici e finiture che rasentano la perfezione, troppo spesso finiscono per utilizzare font comuni, gli stessi che troviamo gratuitamente sul nostro Pc.
Una cosa che di esclusivo ha davvero ben poco.

Prendiamo per esempio la Rolex: per il logo utilizza un Garamond leggermente modificato, un font con grazie, quei trattini alla estremità del carattere, che rendono la scritta più vintage e storica.

Stessa cosa per il logo della Audemars Piguet, in questo caso scritto con un Times New Roman allungato, lo stesso font che utilizza anche la IWC. La Zenith, come la Mondaine, opta per un Helvetica, la Patek Philippe per l’ITC American Typewriter.
Tutto bene, ovviamente. Sono font storici, praticamente dei classici, riconoscibili sia nelle loro forme che nel messaggio che veicolano, ma sono tutt’altro che esclusivi.
Da chi si fa pagare i propri orologi così tanto ci si aspetterebbe uno sforzo in più anche per quanto riguarda la grafica.
Gli esempi di chi invece presta la giusta attenzione e non risparmia su questi dettagli, d’altronde, ci sono e il risultato è davvero evidente.


Hermes è il primo brand che mi viene subito in mente.
Quando ha realizzato il suo splendido orologio sottile, lo Slim d’Hermes, ha fatto disegnare dei numeri esclusivi per questo specifico modello a Philippe Apeloig, un designer e tipografo francese.
Numeri bellissimi, sottili, minimalisti e riconoscibili, perfettamente in linea con l’orologio cui sono destinati, ma soprattutto unici, esattamente quello che ci si aspetta da un oggetto di lusso. Un design dei numeri che conferisce all’orologio una forte identità visiva, e il risultato finale è evidente.
La differenza tra un quadrante come questo e uno in cui si utilizzano i comuni font di Word è abissale.


Anche nei modelli Arceau, Hermes ha dimostrato ampiamente la sua attenzione tipografica. I numeri in stile Breguet diventano unici e riconoscibili. La forte inclinazione rende dinamico il quadrante in un mix di classicità, futurismo e movimento.

Abbiamo citato i numeri Breguet, beh, la maison francese ha tutto il diritto di utilizzarli, visto che li ha inventati e disegnati. Rispecchiano alla perfezione lo spirito e l’eredità della casa orologiera. Hanno quel tocco classico, elegante e vintage della bella scrittura d’altri tempi.




Vedere, però, lo stesso font utilizzato anche da altri marchi devo dire che mi rattrista alquanto. Possibile che la Patek Philippe o la Vacheron Constantin non abbiano alternative per i loro quadranti classici?
Per Longines e tanti altri è esattamente lo stesso; non provano neppure a fare i loro numeri… basta inserire le cifre Breguet e il gioco è fatto.
Pigrizia, risparmio, abitudine… difficile capire perché vengano fatte queste scelte, ma di certo hanno ben poco a che fare con l’unicità e il lusso che si vorrebbe rappresentare, e di certo non rispettano il prezzo di questi orologi.


La IWC, invece, è l’esempio giusto di cosa è possibile fare. Per i suoi Pilot, con il Mark XII del 1994, aveva scelto un font chiaro e leggibile come l’Helvetica, col tempo lo ha modificato in qualcosa di più personale e unico. Dal Mark XVI in poi il carattere scelto è rimasto semplice e funzionale, come deve essere per questo tipo di orologi, ma finalmente è diventato esclusivo per la maison. Un design semplice e moderno che ha fatto fare un salto di qualità estetica a questi modelli, simile a quello del primo Mark del ‘49, l’XI, ma con le estremità arrotondate.

Anche la Rolex quando ha voluto rimodernare i suoi orologi sportivi, ha cambiato proprio il font dei numeri.
L’effetto è riuscito perfettamente e vedere la lunetta di un GMT Master vintage rispetto a quella di un modello moderno lo dimostra appieno. La svolta modernista della Rolex è stata scegliere il font Eurostile, disegnato da Aldo Novarese nel 1962 per le fonderie di caratteri tipografici Nebiolo a Torino.






Inutile dire che lo stesso font è stato utilizzato anche per il Daytona, lo Sky Dweller, l’Air King, lo Yacht Master e, perché no, anche per l’Explorer II. Alla faccia dell’esclusività…



Poi lo vedi utilizzato tale e quale anche dalla Tag Heuer e ti cadono le braccia. Che dire…onore allo storico designer italiano, un po’ meno all’orologeria svizzera.
Ci sono ovviamente delle eccezioni.


La Junghans per esempio utilizza un font esclusivo per il suo Max Bill, progettato dallo stesso architetto, in pieno stile Bauhaus ovviamente;


La belga Ressence ha disegnato i suoi numeri da abbinare ai suoi sorprendenti quadranti, Mintiens, il suo creatore, d’altronde è un designer;


Chanel per il suo Monsieur ha realizzato cifre uniche ed esclusive: essendo un ore saltanti con visualizzazione digitale ha optato per un design squadrato che ricorda proprio i primi numeri digitali.


Anche un brand di lusso appena nato come Berneron, per il sul suo Mirage, ha optato per numeri curvi disegnati apposta per quel modello e ispirati alle forme della cassa.
La dimostrazione, per fortuna, che non tutti si appiattiscono su scelte scontate.
Sembra che l’unica originalità della maggior parte degli orologiai sia destinata solo al disegno del numero quattro. E non parlo del quattro dell’orologiaio in numeri romani, ma proprio del quattro in numeri arabi.



Anche quando si utilizza un font già esistente questo numero viene modificato. La parte superiore, infatti, raramente è a punta ma viene disegnata piatta, con una barra orizzontale. Una scelta che deriva dal passato quando poter stampare angoli acuti era quasi impossibile e si preferiva evitare sbavature di inchiostro.
Un quarto del nuovo secolo, però, è già passato ma sembra che in orologeria non se ne sia accorto quasi nessuno.






Vedere utilizzare font del 1790 come il Breguet, l’Engravers del 1899, il Copperplate del 1901, il Times New Roman del 1931, l’Helvetica del 1957 o l’Eurostile del 1962 dimostra una mancanza di originalità imbarazzante.
Per i marchi di lusso, però, è ancora peggio. Spendere migliaia di euro per un orologio che mette in bella vista sul quadrante gli stessi font che utilizziamo gratuitamente sul nostro Pc… beh, mi fa sorgere più di una domanda.
